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Mondi da esplorare
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Mondi da esplorare

di Paola Tognini, Responsabile della Commissione Scientifica della Federazione Speleologica Lombarda

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Le principali cavità del Pian del Tivano- Valle del Nosê e del M. San Primo (realizzazione grafica A. Maconi, dati Banca Dati Speleologica Lombarda della Federazione Speleologica Lombarda).

Il Mondo del presente

Lungo la Valle del Nosê e sotto al Pian del Tivano si trova il Complesso del Pian del Tivano-Valle del Nosê, appunto, che, con i suoi 62 km di sviluppo è, in questo momento, il più esteso sistema d’Italia. Oltre al gigantesco sistema, nella zona si trova un’altra cinquantina di cavità, con uno sviluppo complessivo di oltre 80 km. La maggior parte delle grotte conosciute si trova sui versanti dei rilievi che delimitano a S-SW il Piano e la Valle del Nosê: sui versanti che li chiudono verso settentrione, invece, le cavità scoperte sono assai meno numerose e, con l’eccezione dell’Abisso dei Mondi, dell’Altro Mondo e delle nuove

scoperte del Terzo Mondo e del Buco del Latte, tutte di modesto sviluppo. La lunga dorsale che, delimitando il Pian del Tivano e la Valle del Nosê verso settentrione, va dal Monte Ponciv (1453 m)-Cima del Costone (1614 m)-M. San Primo (1686 m) fino alla Forcoletta (1236 m) è quindi un territorio ancora poco conosciuto, dal punto di vista speleologico e sicuramente molto meno frequentato dagli speleologi rispetto al sottostante Pian del Tivano. I versanti meridionali di questa lunga dorsale, con andamento grossomodo E-W, sono abbondantemente coperti da depositi glaciali e di versante e presentano forme morbide, anche se sono piuttosto ripidi e solcati da valloni, come la Valle di Lot, il Vallone e le due grandi valli che scendono verso Zelbio ed Erno; a Est la profonda e ampia incisione della Valle di Torno interrompe la dorsale, che qui prende direzione N-S, in corrispondenza del M. Ponciv (1453 m)- M. Gerbal (1318 m), formando, all’Alpe Spessola, una sorta di “passo” (1237 m). Verso Ovest, invece, la regolare linea di cresta si interrompe alla Forcoletta (1238 m) in corrispondenza della dorsale N-S che dai M.ti di Erno e il Dosso del Castel scende verso i Piani d’Erno. Tutti i valloni e la Valle di Torno confluiscono, in destra idrografica, nella Valle del Nosê, sia direttamente, sia attraverso il Pian del Tivano. Gli affioramenti rocciosi sono rari, per lo più confinati all’interno delle incisioni vallive, con gli strati a franapoggio (vale a dire, inclinati nello stesso senso del versante), che scendono verso il Pian del Tivano. Le morfologie delle dorsali tra i valloni, ondulate da ripiani e contropendenze, e la presenza di numerose vallecole ad andamento arcuato e concentrico indicano inequivocabilmente che tutto il versante meridionale è interessato da deformazioni gravitative profonde di versante (DGPV), che lentamente, ma inesorabilmente, fanno scivolare a valle intere porzioni dei versanti. Questi movimenti di scivolamento producono l’apertura di fratture e la formazione di trincee da rilascio che, in alcuni casi, sembrano aver condizionato, più dei fenomeni carsici, l’andamento delle grotte esplorate su questi versanti, come la

grotta Obelix o l’Altro Mondo e che potrebbero essere all’origine dell’anomalo pozzo Energay, il più profondo delle grotte della zona. Il versante settentrionale del San Primo presenta invece caratteristiche completamente differenti: la giacitura della stratificazione a reggipoggio (che immerge “contro” il versante), infatti, insieme alla ridotta copertura, favorisce l’esteso affioramento di roccia nuda, solcata e tagliata da numerosissimi canyon dirupati e fortemente incisi (dei quali la Valle di Villa e le vallecole che formano l’alta valle del Perlo sono le più importanti): ne risulta un paesaggio dall’aspetto selvaggio e impervio, molto difficoltoso da percorrere e per questo sicuramente ancora molto poco battuto dagli speleologi.

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Sezioni SSW-NNE che mostrano i differenti andamenti delle cavità nel fianco meridionale e in quello settentrionale della piega: è evidente come la giacitura della stratificazione controlli lo sviluppo delle grotte nel fianco Sud, e come le grotte del fianco Nord abbiano andamenti più verticali, solo in parte giustificati dalla maggior inclinazione della stratificazione, più probabilmente legati alla presenza di grandi faglie e fenomeni di deformazioni gravitative profonde di versante. E’ evidente l’andamento anomalo della grotta Terzo Mondo, che si apre sulla sommitа del M. San Primo e si sviluppa in senso opposto all’immersione della stratificazione (disegni Marzio Merazzi e Paola Tognini, dati Banca Dati Speleologica Lombarda della Federazione Speleologica Lombarda).

Il Mondo della geologia

Moltissimo è giа stato scritto, sulla geologia della zona, nelle numerose pubblicazioni sulle grotte del Pian del Tivano: a queste si rimanda per una descrizione più esaustiva e dettagliata, anche se un piccolo riassunto è doveroso! Il grande sistema del Pian del Tivano-Valle del Nosê è impostato in corrispondenza dell’omonima piega sinclinale, con asse ESE-WNW, grosso modo parallelo alla Valle del Nosê. Uno sguardo alle sezioni trasversali del sistema conferma immediatamente l’importanza del controllo della struttura geologica sullo sviluppo e sull’andamento geometrico delle cavità: condotte in interstrato, spesso con morfologie a forra, scendono a piccoli salti e gradoni lungo l’immersione degli strati, seguendone l’inclinazione, fino a incontrare, ortogonalmente, le grandi gallerie suborizzontali, parallele all’asse della piega, con funzione di collettori, che raccolgono le acque che scendono dai fianchi della piega. Curiosamente, la maggior parte degli 80 km di grotte rilevate nella zona è per lo più concentrata nel fianco meridionale della sinclinale: il fianco settentrionale è, fino a questo momento, relativamente povero di grotte, e, salvo rare eccezioni, tutti gli sforzi degli speleologi per entrare nelle mitiche regioni del “controsistema” sono stati finora frustrati. La scoperta dell’Abisso dei Mondi e dell’Altro Mondo prima, e del Terzo Mondo poi, e l’apertura del Buco del Latte hanno, per un attimo, illuso che finalmente si fossero aperte le porte per l’esplorazione del fianco Nord, ma ancora una volta, dopo un entusiasmante exploit iniziale, le speranze sono state deluse: intendiamoci, si tratta di grotte molto belle, a tratti eccezionali per la bellezza e la ricchezza

delle concrezioni e per la grandiositа degli ambienti (come il Terzo Mondo), ma nessuna di queste ha, per ora, indicato la via verso il cuore del “controsistema”. Eppure, la roccia è lo stesso calcare giurassico nerastro, ricco di noduli e liste di selce (Calcare di Moltrasio) che, sull’altro fianco della piega, ospita il sistema più esteso d’Italia, ed è quindi naturale pensare che, per simmetria, questo debba avere un “gemello simmetrico” sull’altro fianco ... anche l’esistenza di sorgenti importanti, come il Tüf, Musee e i troppo-pieno di Borgo e Cascina Bacogna suggerisce che “dall’altra parte” della sinclinale debba esistere un sistema importante, sicuramente sviluppato tanto quanto il suo omologo nel fianco meridionale ... Perchè allora queste differenze? Sicuramente, il fattore fondamentale è che la copertura di depositi glaciali e di versante non gioca a favore delle ricerche sui versanti meridionali del S. Primo, così come l’ambiente impervio e dirupato del versante Nord: la scarsa conoscenza sembra quindi essere, fortunatamente, la prima e più importante causa dell’apparente mancanza di grotte in questo fianco della piega! Dal punto di vista geologico, però, ci sono alcune “complicazioni”, rispetto al più regolare Pian del Tivano, che potrebbero spiegare alcune differenze e anomalie. La struttura della piega non è perfettamente simmetrica: il fianco settentrionale presenta stratificazione a inclinazione maggiore, ondulata da pieghe a ginocchio che a tratti rendono la stratificazione quasi verticale o leggermente rovesciata (come nella grotta Obelix). Questo da un lato non è un fattore particolarmente favorevole alla formazione di importanti reticoli di condotte, dall’altro invece facilita le giа citate deformazioni gravitative, che possono aver interferito, in diversi modi, con la carsificazione, favorendo la formazione di cavità che, con termine un po’ improprio, ma spesso usato dagli speleologi, potremmo definire “tettoniche”, a scapito di cavità francamente ed esclusivamente carsiche. Ma questo potrebbe essere comunque un vantaggio: ognuna di queste cavità “poco carsiche” potrebbe intercettare le cavità carsiche profonde, fornendo così ottime porte di accesso al sistema “vero”. Ma, proprio a causa delle caratteristiche del paesaggio esterno, così difficile da percorrere, siamo ben lungi dall’aver compreso a pieno la struttura geologica, che, in effetti, si sta rivelando ben più complessa del semplice schema di piega sinclinale finora supposto: grotte come il Terzo Mondo o il Buco del Latte mostrano l’esistenza di importanti e grandi faglie, delle quali è difficile sospettare l’esistenza dalle osservazioni in superficie, ma che condizionano fortemente l’andamento delle due grotte. In mancanza di uno studio geologico e strutturale dettagliato all’interno di queste grotte, il fatto sicuramente più singolare, che ci fa capire che ancora molto resta da indagare, è che una grotta importante come il Terzo Mondo fa una cosa del tutto inattesa: invece di scendere verso il Piano seguendo l’immersione degli strati (come tutti noi ci aspettavamo, perchè “così fan tutte”, al Tivano!), scende esattamente dalla parte opposta! Segno, questo, che devono esistere altri fattori che ne hanno controllato l’andamento: uno di questi è sicuramente la presenza di grandi faglie, ben visibili anche in grotta, che hanno determinato la formazione di enormi ambienti di crollo, come il salone Susan Boyler, o il grande P.100, e hanno causato ripetute rotture di concrezioni, alcune anche in tempi molto antichi. La presenza di una grande faglia è certamente responsabile anche della formazione del grande pozzo del Buco del Latte. Indubbiamente, serviranno osservazioni geologiche e un rilievo strutturale di dettaglio, per poter cominciare a fare delle ipotesi. Il Terzo Mondo, però, ancora una volta, ha una caratteristica sorprendente, sicuramente molto gradita ai visitatori, e che ha lasciato senza fiato i primi esploratori, ma che piace un po’ meno ai geologi: le concrezioni sono così abbondanti, che la maggior parte della roccia ne è coperta, tanto da essere difficilmente visibile! Questo fa sì che le morfologie si possano soltanto intuire, per non parlare di misurare la giacitura di strati e fratture, o di osservare dettagli sulle superfici di faglia… ma credo che gli unici a provare un po’ di disappunto per questa caratteristica della grotta siano soltanto i geologi!

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Carta geologica schematica dell'area, che mostra la grande estensione del Calcare di Moltrasio (in azzurro chiaro), delimitata lungo il versante Nord della dorsale del M. San Primo dal contatto con il Calcare di Sedrina-Formazione dell'Albenza (in azzurro) e del Calcare di Zu (blu chiaro); in blu scuro la Dolomia Principale, in verde le Argilliti di Riva di Solto (ridisegnato da Guide Geologiche Regionali BEMA ed.).

Il Mondo del passato ...

La vastitа degli ambienti, l’abbondanza di concrezioni (fatto del tutto anomalo per le grotte del Tivano) e l’evidente antichitа di molti speleotemi suggeriscono che il Terzo Mondo possa essere ciò che rimane di un antichissimo sistema probabilmente assai vasto, una piccola parte delle prime grotte formatesi in questa zona, ora tagliato e smembrato in tronconi dall’evoluzione delle valli e dei versanti. Lo scenario che ci possiamo immaginare, poco più di 20 milioni di anni fa, all’inizio del Miocene, poteva essere quello di un vastissimo altopiano carsico in sollevamento, sulla spinta della formazione della catena alpina appena a Nord, dove un giovanissimo Adda stava velocemente scavando la propria valle, portando sedimenti verso il mare, che lambiva le coste dell’altopiano pochi chilometri più a Sud. Ovviamente, non esistevano valli, nè rilievi degni di nota, nessun M. San Primo o Palanzone svettavano sopra al Pian del Tivano: il paesaggio doveva essere piuttosto monotono, con blande alture e altrettanto blande valli. Ma le Alpi a Nord avevano fretta di alzarsi, e il rilievo si evolveva velocemente (compatibilmente con la lentezza dei fenomeni geologici, ovviamente!) e, con esso, anche il carsismo profondo. L’orogenesi forniva l’energia potenziale, e il clima di tipo tropicale forniva l’acqua e la CO2 necessarie allo sviluppo del carsismo: in realtа, la carsificazione era giа iniziata qualche milione di anni prima, quando il territorio iniziava ad emergere dal mare che, ritirandosi progressivamente verso Sud, lasciava scoperte aree sempre più vaste, facile preda dell’attacco chimico di una miscela di acque marine e acque meteoriche, temibilmente aggressiva per ogni tipo di roccia carbonatica. Lo stesso clima favoriva l’alterazione della roccia e la formazione di spessi suoli rossi, ricchi di ossidi di ferro, la cui esistenza è testimoniata dal ritrovamento, ancora oggi, di roccia alterata (i cosiddetti “fantome de roche”) e, in alcune grotte, di depositi di colore rosso, prodotti dal dilavamento e dal trasporto in grotta di questi antichi suoli. Una fitta foresta pluviale, densa di nebbie e pullulante di vita, lussureggiava nel clima caldo e umido, attraversata da fiumi sconosciuti (ma di cui rimangono tracce, se pur labili, nel paesaggio odierno, sotto forma di tronconi di un reticolo di antichissime valli sospese). Alcuni di questi corsi d’acqua, giunti a contatto con le rocce più carsificabili (come il Calcare di Moltrasio, appunto), venivano inghiottiti nel sottosuolo, portando le loro acque abbondanti e impetuose a scorrere nelle primitive gallerie, allargandole e modellandole. Il progressivo sollevamento del territorio, l’allontanarsi del mare verso Sud e l’incisione sempre più marcata delle valli, in particolare di quella che diventerа la valle del lago di Como, approfondirа sempre più il carsismo, lasciando, sulle cime più alte, i resti tagliati e smembrati di questi primi sistemi. Che, a giudicare da ciò che si vede oggi al Terzo Mondo, dovevano essere magnifici ...

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Il Mondo del futuro ...

Sotto il versante meridionale della dorsale del M. San Primo sicuramente si nasconde il “gemello simmetrico” (più o meno!) del sistema del Pian del Tivano, al quale ci si aspetta che debba somigliare, per forme e andamento, forse però più complicato dalla presenza di grandi faglie e dalla stratificazione a volte più inclinata: la cosa è testimoniata da grotte come il Buco del Latte, l’Altro Mondo, l’Abisso dei Mondi o Obelix, il cui aspetto, in fondo, è abbastanza “tivanico”. Non è ancora chiaro se il sistema del fianco Sud e quello del fianco Nord siano tra loro connessi: teoricamente, dovrebbero esserlo, o, almeno, lo dovevano essere nelle fasi di formazione, ma l’evoluzione del territorio potrebbe aver cambiato le cose. Le sorgenti del Tüf, Musee e Borgo, che hanno portate analoghe a quelle dei Falchi della Rupe, ma caratteristiche di chimismo e di temperatura un po’ diverse, sembrerebbero testimoniare l’esistenza di un sistema importante, indipendente, dal punto di vista della circolazione idrica, dal sistema del Tivano: il prossimo test di tracciamento in programma al Buco del Latte dovrebbe aiutarci ad avere le idee un po’ più chiare in proposito, ma sicuramente ci si può aspettare ancora molto da scoprire! Il versante settentrionale del San Primo offre invece un territorio completamente nuovo, tutto da esplorare e da capire! Qui si estende, infatti, una vastissima area di affioramento del Calcare di Moltrasio, che, con immersione verso SW, porta ad affiorare, lungo i versanti, qualche centinaio di metri sotto la linea di cresta, il contatto con le sottostanti formazioni del Calcare di Sedrina e della Formazione dell’Albenza (ex Dolomia a Conchodon, entrambi carsificabili) e del Calcare di Zu, che dovrebbe rappresentare il limite inferiore alla carsificazione. La grotta del Terzo Mondo, così anomala e diversa da quelle del Tivano (in realtа, il vero “Altro Mondo”!), fornisce forse solo un “piccolo” assaggio di quello che si potrebbe celare lа sotto! Numerose sorgenti, molte delle quali poste in prossimitа del contatto, sembrerebbero mostrare che il grande sistema sotto al M. San Primo sia stato in più punti tagliato dalla formazione di valli e vallette: sicuramente esistono quindi diversi punti di accesso al sistema, ma l’ambiente impervio e molto selvaggio, privo di sentieri e facili vie di accesso, rende le ricerche piuttosto difficoltose. La geologia suggerisce quindi che il potenziale esplorativo di ciò che si nasconde sotto ai versanti del M. San Primo, sia a Nord che a Sud, sia ancora decisamente importante: le ricerche terranno sicuramente impegnate altre generazioni di speleologi dopo di noi!

Crediti:
Si ringraziano tutti gli speleologi per la loro collaborazione nel fornirci il materiale utilizzato all’interno di questa pagina:

Gruppo Grotte Milano CAI Sem: Bini Alfredo, Maconi Andrea, Tognini Paola.
Speleo Club CAI Erba: Merazzi Marzio.