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Pian del Tivano
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Il Pian del Tivano

Il Pian del Tivano è un pianoro carsico, che è posto nel Triangolo Lariano in provincia di Como, a circa 1000 m di quota, ed è confinato a nord dal Monte San Primo. Il pianoro è stato formato da depositi glaciali, deposti su un terreno calcareo. Il carsismo della zona è testimoniato dai numerosi inghiottitoi, ivi presenti. In questa zona sono situate alcune delle più importanti grotte d'Italia, tra cui il complesso Fornitori-Stoppani e il complesso Tacchi-Zelbio-Bianchen, rispettivamente di 47,5 chilometri e 10,5 chilometri di sviluppo spaziale, e il Büs de la Niccolina (5 km) o Buco della Niccolina. Si è venuto, così, a formare il Complesso della Valle del Nosè, che con i suoi 69 km di sviluppo rappresenta, attualmente, il sistema carsico più esteso dell'intero territorio nazionale. Ma, i numeri delle misurazioni sono in continuo aggiornamento, grazie al prezioso lavoro degli speleologi. Solo nel 2011, alcuni di essi si sono addentrati nell'Abisso Terzo Mondo, una nuova grotta che si estende a partire dalla vetta del Monte San Primo e dove sono stati scoperti saloni dell'ampiezza di un campo da calcio. Come raccontano i protagonisti di queste esplorazioni, anche sotto il Pian del Tivano corrono fiumi sotterranei e gallerie immense, che possono dire molto sulla geologia, sull'origine di questi luoghi e sul movimento di grandi quantità d'acqua, che attraversano il sottosuolo.

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Le grotte.
La struttura a sinclinale (piega), unitamente alla litologia del substrato calcareo, hanno condizionato in maniera profonda la circolazione delle acque nel sottosuolo. Come esempio rappresentativo di ciò che accade nella zona del Tivano, possiamo immaginare di versare dell’acqua lungo le pagine di un libro, appoggiato sul dorso e tenuto semiaperto: l’acqua si infila tra le pagine e scorre lungo la superficie di ciascuna pagina, fino a raggiungere la parte centrale del libro. Se il libro viene inclinato, l’acqua che si è raccolta al centro scorrerà ed uscirà nel punto più basso. Seguendo un modello molto simile, l’acqua piovana e quella di fusione della neve si infiltra, seguendo le discontinuità della roccia, rappresentate dalle fratture e dai giunti di strato, scorrendo poi lungo i fianchi della piega, fino a raggiungere la zona di cerniera della sinclinale. La zona di chiusura della piega è generalmente un’area sottoposta a forti stress di tipo meccanico, a cui sono associati fasci di fratture longitudinali. Queste fratture hanno controllato l’impostazione di gallerie orientate come l’asse della piega (il dorso del libro), le quali fungono da collettori per le acque che confluiscono dai fianchi. Grossomodo, l’asse di questa sinclinale ha un decorso Est-Ovest, posizionato leggermente a Nord del Pian del Tivano. Il fianco Nord è costituito dalle pendici del monte San Primo, mentre il fianco Sud dai versanti dei monti Falo e Preaola. Inoltre, la piega appare più aperta verso la Colma di Sormano, mente tende a chiudersi verso Ovest (Nesso). I sistemi carsici della zona rispecchiano molto bene la struttura geologica, sebbene non manchino le eccezioni. Tuttavia, è possibile affermare che, lungo i versanti che delimitano a Sud il Pian del Tivano, si sviluppano grotte che scendono con direzione Nord, inclinate secondo la giacitura degli strati. Lungo i versanti che limitano a Nord il Piano, invece, le grotte hanno un andamento simmetrico e cioè si sviluppano verso Sud. Al centro, infine, praticamente sotto alla piana, si sviluppano imponenti condotte, percorse da fiumi, che raccolgono le acque di queste grotte e le conducono verso il lago. All’interno delle grotte, per via della particolare natura litologica del calcale di questa zona, le concrezioni sono piuttosto rare. Le forme più comuni, invece, sono spettacolari condotte a sezione ellittica o subcircolare, formate da importanti scorrimenti idrici, unitamente ad ampi saloni di crollo e pozzi. Inoltre, si ritrovano anche morfologie erosive come forre e marmitte, dovute all’azione dei torrenti sotterranei. La presenza di depositi di argille, ciottoli, ghiaie e sabbie, talvolta cementati da crostoni di calcite, testimoniano diverse fasi di riempimento e svuotamento delle condotte, che permettono ai geologi di stabilire precise relazioni con il clima del passato. L’esplorazione di questo fitto sistema carsico è merito degli speleologi, che sono messi a dura prova dall’estensione delle grotte, dai passaggi angusti e dai sifoni, dalla presenza di corsi d’acqua, con portata che può aumentare pericolosamente per le piogge o il disgelo.

 Abisso del Cippei.
La grotta fu segnalata nel 1961, come "pozzetto non catastabile". Nel 1979 speleologi del G.G. Milano disostruirono l'angusto passaggio, accedendo alle parti profonde dell'abisso. Nel corso dell'anno successivo la cavità fu esplorata fino all'attuale fondo. Successivamente, una colorazione effettuata al suo interno dimostrò la relazione tra di essa ed i rami di Piaggia Brutta della Grotta presso la Capanna Stoppani. Le più recenti esplorazioni, avvenute in queste zone, hanno ridotto la distanza tra le due grotte a poche decine di metri. All'interno dell'Abisso del Cippei è presente una grossa verticale, impostata su una frattura e profonda 91 metri, che rappresentava il pozzo più profondo dell'intera area, fino all'esplorazione dell'abisso l'Altro Mondo, avvenuta nel 2004. 

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Geografia e geologia del Pian del Tivano

di Paola Tognini, Responsabile della Commissione Scientifica della Federazione Speleologica Lombarda

Il sistema carsico del Pian del Tivano - Valle del Nosê si trova nella parte centrale del cosiddetto “Triangolo Lariano”, compreso tra i due rami del Lago di Como (chiamato anche Lario). Una serie di morbidi rilievi che vanno dal M. San Primo (1686 m s.l.m.), a NE, al M. Palanzone (1436 m), a SW, racchiudono le aree pianeggianti del Piano del Tivano e dei più piccoli Piani di Nesso e di Erno, a circa 1000 m di quota: dal Pian del Tivano scende, in direzione WNW, la Valle del Nosê profondamente incisa, che raggiunge il ramo occidentale del Lario in corrispondenza dell’abitato di Nesso (e che prosegue anche al di sotto del livello del lago, a testimonianza della lunga storia geologica di questa zona). Numerose sono le valli tributarie minori, la maggiore delle quali è la Valle di Torno.

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Un po’ di geologia

In quest’area sono conosciute numerose cavità, con uno sviluppo complessivo che supera gli 80 km. A causa della copertura di depositi superficiali e delle

caratteristiche della roccia, le morfologie carsiche non sono particolarmente evidenti, così come gli ingressi di cavità: in superficie non vi sono quindi molti indizi della grandiosità del fenomeno carsico profondo e la scoperta della maggior parte delle grotte è frutto di anni di pazienti battute esterne e in diversi casi anche di lunghe operazioni di scavo (come, per esempio, il quarantennale scavo al Buco del Latte). Sono presenti alcune doline, come quella dell’Alpe di Torno: un crollo all’interno di una di queste ha originato, all’inizio del secolo scorso, l’apertura dell’ingresso della Grotta presso la Capanna Stoppani. Sul margine orientale del Piano è presente l’unico inghiottitoio degno di nota, che raccoglie le acque del Piano e le convoglia nel Büs de la Niccolina: il grande androne d’ingresso di quest’ultima è uno dei pochi ingressi ben visibili. Su tutta l’area affiora la formazione del Calcare di Moltrasio (Lias inferiore – Sinemuriano, circa 200 milioni di anni di età), una delle rocce più carsificabili di Lombardia, all’interno della quale si sviluppano molti dei sistemi più lunghi e complessi della regione (Bueno Fonteno, i sistemi carsici del Campo dei Fiori, della Costa del Palio e del M. Bisbino, solo per citare alcuni dei più importanti). Si tratta di calcari marnosi selciferi, nei quali la frazione non carbonatica può arrivare anche al 40-60%, caratterizzati da stratificazione sottile, con interstrati marnosi, e da abbondantissimi noduli e livelli di selce, che, insieme al tipico colore scuro, costituiscono la caratteristica principale di questa formazione. Un’altra peculiarità è la presenza di slumped beds, risultato di grandi scivolamenti sottomarini contemporanei alla sedimentazione, spesso magnificamente esposti sulle pareti delle gallerie e dei saloni. La struttura geologica è caratterizzata da una grande piega sinclinale che costituisce una sorta di enorme catino che raccoglie le acque del versante settentrionale del M. Palanzone (fianco meridionale della piega) e del versante meridionale del M. San Primo (fianco settentrionale) in un complesso labirintico, per convogliarle nei grandi sistemi di gallerie suborizzontali, caratterizzate da corsi d’acqua, laghi e sifoni, che si estendono a partire dal Pian del Tivano, parallelamente alla Valle del Nosê. Da qui le acque si dirigono alle sorgenti del sistema, che si trovano in corrispondenza dell’abitato di Nesso, sul lago di Como. Dalla cima del M. San Primo (dove si trova un’altra importante grotta, scoperta nel 2011, la grotta Terzo Mondo) fino al lago, le acque compiono un dislivello di quasi 1500 m, ma in realtà le sorgenti più importanti si trovano al di sotto del livello del lago. La struttura è leggermente asimmetrica, con il fianco settentrionale più inclinato di quello meridionale; la piega è molto stretta nella parte a lago, mentre si apre a ventaglio, complicata da una serie di pieghe minori, coassiali con la struttura principale, nella parte alta della Valle del Nosê, al di sotto del Piano del Tivano. La struttura geologica controlla strettamente la geometria del sistema carsico, con gallerie che si sviluppano prevalentemente lungo

due famiglie principali di fratture: una parallela all’asse della piega e alla direzione degli strati, che origina in genere grandi gallerie suborizzontali con

funzione di collettori, e l’altra ortogonale, parallelamente all’immersione della stratificazione, che origina gallerie più piccole e più inclinate, sviluppate lungo l’immersione degli strati. La presenza di pieghe minori al di sotto del Piano complica notevolmente la struttura, così che in questa zona il sistema carsico è estremamente complesso e labirintico, anche se è comunque sempre possibile riconoscere queste due direzioni prevalenti e il forte controllo esercitato dalla giacitura della stratificazione.

Idrogeologia

Sul Pian del Tivano e nella Valle del Nosê, le acque in superficie non sono del tutto assenti, specie nei periodi di abbondanti precipitazioni, tuttavia la maggior parte delle acque si trova in profondità. Le acque sotterranee si muovono rapidamente, formando torrenti e piccoli corsi d’acqua dalla portata che varia a seconda delle precipitazioni, e creando numerosi sifoni temporanei, con l’allagamento anche di lunghi tratti di gallerie, dove il livello dell’acqua può variare anche di qualche decina di metri: test di tracciamento delle acque hanno mostrato che le acque sotterranee delle grotte del fianco Sud della sinclinale sono tra loro interconnesse e in poche ore raggiungono le sorgenti principali del sistema, i Falchi della Rupe, a Nesso. Laghi e sifoni rallentano un po’ la corsa delle acque verso le sorgenti, ma le velocità sono elevate, simili a quelle dei corsi d’acqua superficiali. Dalla stima delle acque che si infiltrano nel sottosuolo e delle portate alle sorgenti, oltre che dalla storia geologica, si deduce che devono esistere sorgenti molto importanti al di sotto del livello del lago: sono state effettuate immersioni alla ricerca di queste misteriose sorgenti, ma non sono ancora state trovate. Esistono anche sorgenti le cui acque hanno un’origine sconosciuta, e che si pensa essere legate all’esistenza di sistemi di grotte ancora inesplorati sul fianco Nord della sinclinale, come il Tüf e la

sorgente presso Cascina Bacogna. La portata delle sorgenti è estremamente variabile in funzione delle precipitazioni e in periodi di forti piogge si possono

attivare sorgenti di troppo pieno, come il Bouecc del Castel di Nesso. Per l’elevata permeabilità dei calcari e per le caratteristiche dell’ambiente di grotta, le

acque carsiche sono estremamente vulnerabili agli inquinamenti, che si propagano rapidamente dalla zona di assorbimento alle sorgenti senza che

intervengano processi di autodepurazione: sul Pian del Tivano esistono diversi elementi che minacciano la buona qualità delle acque sotterranee, in particolare il problema di acque di scarico domestico non incanalate in un’adeguata rete fognaria (soprattutto nella stagione estiva, quando la pressione antropica è maggiore), e gli allevamenti zootecnici che smaltiscono i reflui in punti concentrati della zona di assorbimento. In passato diverse cavità e doline erano utilizzate come discarica di rifiuti urbani, come, per esempio, il grande androne d’ingresso del Büs de la Niccolina. 

Breve storia geologica

Il complesso carsico del Pian del Tivano è molto antico: con tutta probabilità, ha cominciato a formarsi una ventina di milioni di anni fa, quando il paesaggio, completamente diverso dall’attuale, era un grande altopiano carsico coperto da una fitta foresta pluviale tropicale e da spessi suoli. La lunga storia geologica ha visto la formazione del profondo canyon ora occupato dalle acque del lago del ramo di Como (culminata durante la crisi di salinità del Messiniano), un’ingressione marina che ha riempito di sedimenti il fondo del canyon, e, tra le ultime tappe, l’arrivo, a più riprese, del grande ghiacciaio dell’Adda, che ha coperto una parte del sistema di grotte, e, sbarrando la Valle del Nosê con la morena del Dosso, ha formato il lago che un tempo occupava il Piano del Tivano. Questo ha portato all’interno delle grotte una grande quantità di materiale dalla superficie: questi materiali sono uno dei principali ostacoli alle esplorazioni, ma i depositi di argille, ciottoli, ghiaie e sabbie, talvolta cementati da crostoni di calcite, testimoniano diverse fasi di riempimento e svuotamento delle condotte e, insieme alle morfologie dei vuoti sotterranei, permettono di ricostruire la lunghissima storia di queste grotte, che sono quindi un prezioso archivio di dati geologici.

Cenni biospeleologici delle grotte dell’area Tivano/Monte San Primo

di Luana Aimar (Speleo Club CAI Erba) e Alessandro Marieni (Speleo Club CAI Erba)

Nonostante l’estremo interesse che riveste l’area in questione da un punto di vista biospeleologico, non sono mai stati svolti studi sistematici e articolati sulla fauna ipogea del Pian del Tivano da parte degli specialisti del settore, ad eccezione di specifici campionamenti e segnalazioni effettuati sui coleotteri e sugli aracnidi. Negli ultimi anni gli speleologi del Progetto InGrigna! stanno cercando di colmare tale lacuna. Le indagini sono effettuate essenzialmente attraverso il campionamento degli invertebrati che vivono nelle grotte dell’area; i campioni raccolti sono inviati a diversi specialisti che si occupano della loro classificazione. Il Progetto InGrigna!, invece, attraverso le proprie competenze scientifiche, si occupa dell’organizzazione dei dati biospeleologici, della redazione di studi sull’ecologia e sulle interrelazioni delle specie sotterranee con il loro ambiente di vita. Nelle grotte sull’adiacente Monte San Primo la letteratura indica la presenza dell’aracnide endemico Toglohiphantes caligatus, così battezzato per l’alternanza di bande di differente colore sui tarsi e metatarsi (Pesarini, 1989). I pochi esemplari campionati, per la maggior parte incompleti o male conservati, sono depositati presso il Museo di Storia Naturale di Milano. Recenti campionamenti effettuati dagli speleologi del Progetto InGrigna! nella grotta l’Altro Mondo hanno permesso di reperire l’ortottero troglofilo Troglophilus cavicola, mai rinvenuto prima nell’area, e l’aracnide Poeciloneta globosa che all’epoca del campionamento risultò essere la prima segnalazione in Lombardia per questa specie. L’esemplare è conservato presso il Museo di Storia Naturale di Milano (Aimar, Marieni, Premazzi, 2011). A quote inferiori, presso gli ingressi del Complesso della Valle del Nosê la fauna parietale è costituita oltre che da una grande varietà di ditteri che si rifugiano qui per trascorrere le ore diurne, anche dai lepidotteri Triphosa dubitata e dai tricotteri del genere Stenophylax. Essi contribuiscono ad incrementare l’ingresso all’interno del sistema sotterraneo di materia organica fondamentale per il sostentamento della rete trofica ipogea. Tra i coleotteri ricordiamo Laemostenus insubricus e soprattutto Boldoriella pozziae, per molti anni considerata un endemismo del Büs de La Niccolina (Vailati, 2005). Nelle pozze d’acqua di numerosi rami di Ingresso Fornitori è stato campionato il crostaceo anfipode troglobio Niphargus ambulator, probabilmente diffuso anche in tutte le altre grotte dell’area; infine segnaliamo il raro campionamento di un Triclade in una pozza d’acqua presso il salone di Australia ad Ingresso Fornitori. Si tratta della prima segnalazione di planaria in grotta per l’area; l’esemplare attualmente è conservato presso il Dipartimento di Zoologia e Genetica Evoluzionistica di Sassari dove, al fine di una determinazione specifica, si sta procedendo all’esame dei tessuti istologici dell’apparato copulatore.

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Esplorazioni del complesso carsico della Valle del Nosê

di Luana Aimar (Speleo Club CAI Erba) e Antonio Premazzi (Speleo Club CAI Erba)

Le esplorazioni speleologiche in Pian del Tivano hanno una storia quasi centenaria. Infatti negli anni ’30 gli speleologi comaschi intrapresero l’esplorazione di due cavità i cui ingressi si aprivano a pochi metri di distanza l’uno dall’altro tra i terrazzamenti agricoli prossimi all’abitato di Zelbio. Uno in particolare era noto presso i locali come “uregin del mar”, orecchia del mare, in riferimento a quelle conchiglie che accostate all’orecchio dicono facciano sentire il rumore del mare. Infatti non era passato inosservato il fatto che, periodicamente, in occasione di stagioni particolarmente secche, la grotta “urlava”, ossia l’aria fuoriusciva con tale violenza da produrre un sibilo acuto. La Tacchi, così come venne battezzata in onore dei proprietari del fondo in cui si apriva l’ingresso, venne percorsa nei due decenni successivi per oltre 1 km, scoprendo vasti ambienti ed un rumoroso torrente sotterraneo, fino a raggiungere due diversi sifoni che sancirono momentaneamente la fine delle esplorazioni. Nell’altra cavità, che prese il nome di grotta di Zelbio, gli esploratori comaschi raggiunsero nel 1953 la profondità di 120 metri, arrestandosi su un cunicolo intasato di sabbia. Nel 1961, una clamorosa secca prosciugò i sifoni sotterranei della Tacchi e permise a nuovi speleologi di percorrere chilometri di ambienti inesplorati verso monte. Sul finire degli anni ’60 divennero protagonisti delle ricerche gli speleologi del Gruppo Grotte Milano: superando il Cunicolo della Sabbia nella grotta Zelbio, nel 1970, essi esplorarono nuovi e vasti ambienti e raggiunsero un sifone a monte da cui fuoriusciva un torrente. Da rilievo fu possibile osservare come i rami allagati delle due cavità fossero vicinissimi. Nel 1971 venne organizzata un’immersione in Tacchi e lo speleologo di punta riemerse nella Zelbio, confermando la correttezza del rilievo. Nel corso di brevi e sporadici periodi siccitosi nel corso degli anni ’70 e ’80 fu possibile proseguire le esplorazioni dei rami a monte della grotta Tacchi dando così origine ad un complesso con uno sviluppo prossimo ai 9 km. A questo punto la scena si sposta direttamente sul Piano. Infatti in prossimità della Colma di Sormano il terreno sprofondò in modo naturale e rivelò un vuoto sottostante assolutamente inaspettato. Nacque così l’ingresso della grotta Stoppani, che venne esplorato per poche decine di metri fino ad una massiccia frana che bloccò l’avanzata degli speleologi. Nel 1979 anche questo ostacolo venne superato e nel breve volgere di qualche anno vennero esplorati chilometri di gallerie, spesso di grandi dimensioni, fino a raggiungere dei passaggi sifonanti. All’inizio degli anni ’90 vennero superati anche questi e fu possibile raggiungere remotissime regioni, probabilmente gli ambienti più belli dell’intera grotta, lontanissimi dall’ingresso. Questi si avvicinavano in maniera decisa ai rami terminali della grotta Tacchi e fu proprio allora che nacque l’idea di poter collegare tra loro le due cavità, creando un unico, vasto complesso sotterraneo. Tuttavia l’enorme difficoltà di accesso alle remote regioni della Tacchi e della Stoppani mise a dura prova la volontà degli esploratori. Infatti non era possibile lavorare con regolarità in queste zone perché si trattava di ambienti lontani un numero spropositato di ore dall’ingresso e perché i sifoni impedivano l’accesso per buona parte dell’anno, e comunque anche nei periodi di secca i passaggi allagati dovevano essere passati con la muta e Con l’inizio del nuovo millennio fanno il loro ingresso nel panorama esplorativo del Tivano speleologi di vari gruppi lombardi che successivamente entreranno a far parte del Progetto InGrigna! La partenza è davvero promettente: la revisione del Boeucc di Bianchen permette di aggiungere un nuovo ingresso al complesso Tacchi-Zelbio; inoltre viene ripreso lo scavo di un buco soffiante di poco meno di una cinquantina di metri: Ingresso Fornitori. Dopo quattro giorni di lavoro la frana terminale viene superata e comincia un periodo di esplorazioni chilometriche che nel breve volgere di qualche anno portano Fornitori a raggiungere i 25 km di sviluppo e il primo posto nella classifica delle grotte lombarde. All’inizio del 2008, dopo un lungo scavo in un interstrato bagnato e fangoso, gli speleologi impegnati nella revisione di un ramo in Fornitori sbucano improvvisamente in un grande ambiente e riconoscono le ampie gallerie che si snodano oltre i sifoni della Stoppani. Nasce così il complesso Fornitori-Stoppani che, con uno sviluppo superiore ai 35.5 km, si situa tra i primi cinque in Italia per estensione. La giunzione appena effettuata si rivela strategica anche perché consente di accedere tutto l’anno e senza bagni nelle zone terminali della Stoppani. Si comincia dunque la revisione e la ripetizione del rilievo di questa grotta per riuscire ad avere dati precisi sull’effettiva distanza tra il complesso Tacchi-Zelbio e il complesso Fornitori Stoppani. Dunque viene ristudiata la parte iniziale della Stoppani, entrando dal suo ingresso naturale, e la parte terminale, entrando, con permanenze lunghissime, da Ingresso Fornitori. Tuttavia la situazione è ancora abbastanza in stallo perché, proprio per le notevoli distanze dall’ingresso, è impossibile fare attività di scavo o risalite senza organizzare campi interni di più giorni. Resta tuttavia il buco di conoscenze della parte di Stoppani compresa tra i due sifoni principali. Viene quindi organizzato un campo interno che porta gli speleologi a superare i sifoni e ripetere il rilievo anche di questa porzione di grotta. La grossa sorpresa capita quando, ripercorrendo un ampio ramo in risalita, si scopre che laddove le precedenti esplorazioni si erano fermate, partiva invece un trivio inesplorato. Le nuove regioni si avvicinano molto ad Ingresso Fornitori e la settimana successiva viene superata una frana che consente di accedere da Fornitori alla parte intermedia della Stoppani, quella tra i sifoni. Le esplorazioni continuano dunque in queste zone e man mano le punte diventano sempre più lunghe e massacranti, finché non viene scoperto un ramo che giunge a pochi metri dalla superficie esterna: nasce così l’ingresso di Area 58. Questo consente con un percorso breve e non tecnico di giungere in corrispondenza dei passaggi allagati della Stoppani. A questo punto si scava una trincea e si desifona in maniera permanente il sifone, chiamato Marco getta la Spugna, che consente di arrivare nelle zone estreme della Stoppani senza entrare dall’ingresso classico di Fornitori, né tantomeno dal lontanissimo ingresso della Stoppani. Finalmente, dopo decenni dalla loro scoperta, è possibile lavorare in maniera minuziosa e capillare in queste remote regioni. Nella primavera del 2011 si esplora così il ramo della Supposta Giunzione che termina su frana a 90 m da Sala della Trincea in Tacchi. Dunque i sifoni della Stoppani sono stati aggirati, non rappresentano più un problema, mentre quelli della Tacchi, cinque in tutto, non possono essere né aggirati, né svuotati in alcuna maniera. L’ultima occasione accertata in cui questi specchi d’acqua si sono prosciugati e sono stati percorsi si è verificata nel 1997 quando è stata constatata la presenza di un nuovo ostacolo alle esplorazioni: lo scivolo di accesso all’ultimo passaggio sifonante, denominato sifone Tipperary, è risultato infatti occluso da un riempimento di sabbia e ghiaia. A fine gennaio 2012, le scarse precipitazioni e le temperature rigide di un autunno/inverno assolutamente insoliti per le Prealpi lombarde fanno sì che il torrente della grotta Tacchi si dissecchi. Dopo una lunga attesa, la sera dell’1 febbraio, un esploratore solitario può nuovamente superare quattro dei cinque sifoni e constatare che la galleria di accesso al Tipperary non è ancora agibile, sempre a causa del riempimento di sabbia. La notizia genera comunque un grande entusiasmo nell’ambiente speleologico della Lombardia occidentale, tanto che nel corso del fine settimana una sessantina di persone si avvicendano nello scavo per riaprire la strada per il Tipperary. Contro ogni aspettativa l’opera ha successo e la domenica pomeriggio la via per i rami a monte è di nuovo percorribile. Contemporaneamente viene rifatto il rilievo del tratto di grotta compreso tra il primo sifone e il Tipperary, e anche questo lavoro si rivela fondamentale. La nuova poligonale indica infatti una distanza di soli 15 m tra il ramo della Supposta Giunzione e la Sala della Trincea: se il nuovo rilievo è più corretto del precedente, significa che la frana terminale della grotta Stoppani corrisponde al pavimento della sala nella grotta Tacchi. Per verificare questa ipotesi è però necessario trovarsi contemporaneamente alle due estremità della frana. Per questo motivo il fine settimana successivo due gruppi di speleologi del Progetto InGrigna!, la squadra Tacchi e la squadra Stoppani, si muovono verso la stessa meta partendo da due ingressi diversi. Il venerdì sera otto persone della squadra Tacchi bivaccano in prossimità del Tipperary. La mattina del sabato superano a nuoto il tratto allagato indossando mute stagne e nel primo pomeriggio raggiungono la Sala della Trincea. Contemporaneamente una squadra di sei persone entra dall’ingresso di Stoppani - Area 58 e con un percorso di oltre cinque ore raggiunge il ramo della Supposta Giunzione. L’appuntamento è fissato per le 17, ma già qualche minuto prima entrambe le squadre sono sul posto. La squadra in Stoppani, che è a favore di vento, percepisce distintamente i rumori prodotti dai compagni in Sala della Trincea, a significare non solo che il luogo corrisponde, ma anche che lo spessore della frana che blocca la prosecuzione deve essere abbastanza limitato. Il suono dell’ARVA svela la realtà anche alle persone presenti in Tacchi generando un entusiasmo generale che si traduce in uno scavo frenetico. La frana è verticale, con la galleria della Stoppani in basso e la sala in Tacchi a sovrastarla, ed è battuta da un violento stillicidio. Rimuovendo il detrito è comunque possibile incunearsi tra i blocchi più grandi e nel breve volgere di un’ora circa è già possibile intravedere le luci altrui. Poco dopo le 18.30 avviene la prima stretta di mano tra due componenti delle opposte squadre, e prima delle 19 la squadra entrata in Stoppani può risalire la frana e raggiungere la Sala della Trincea effettuando la giunzione fisica tra i due complessi. È nato il Complesso della Valle del Nosè che, con uno sviluppo complessivo di 69 km, toglie il primato all’abisso di Monte Corchia in Toscana (53 km) e diviene la nuova grotta più lunga d’Italia.


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Crediti:
Si ringraziano tutti gli speleologi per la loro collaborazione nel fornirci il materiale utilizzato all’interno di questa pagina:

Gruppo Grotte Milano CAI Sem: Bini Alfredo, Inglese Mauro, Tognini Paola.

Speleo Club CAI Erba: Aimar Luana, Marieni Alessandro, Marzio Merazzi, Premazzi Antonio.